De
romanis … virtute
Uno
strano incrocio, lo stravolgimento di un mitologico essere. Minotauro al
contrario, testa da toro, e corpo umano vestito di nulla tranne pochi grammi di
stoffa a finger di coprir pudenda.
LO
VOLEVA, voleva esser presa, posseduta, violata, usata ed abusata; voleva sentir
quelle braccia stringerla, quelle cosce muscolose trattenerla, quel sesso che
non poteva esser menzogna fotterle la gola, soffocarla nel piacere, ansimare
sotto i suoi colpi che indovinava possenti e profondi. Al solo pensiero il
respiro accelera il corpo reagisce, le mani premono il ventre. Immagina quel
sesso scavarla. Si alza di scatto, lo vuole, ora … un uomo in abito scuro si fa
largo tra corpi oscenamente allacciati, urla “Renata vieni, andiamo via, la
finanza sta arrivando e hanno fatto dei controlli in Regione, è un casino sto
festino”.
Fuggi
fuggi generale e quella testa di toro, vuota, abbandonata a terra, tra i
rifiuti
Labirinti
Lui mi
porta spesso in un magnifico labirinto, ha una sola entrata e mille vie
d’uscita … all’ingresso mi levo le scarpe e le lascio di fianco alla paura,
proprio sotto un albero di ceretezze.
Cammino
fra tre tipi di fiore: obbedienza, rispetto e devozione; il mio percorso ne è
pieno, ma non ne calpesto mai nessuno.
A volte
fra un passo e l’altro inciampo e quando son distesa a terra mi appoggio
all’educazione ed all’insegnamento per rialzarmi; sono i miei due pilastri.
Per Lui
percorro e ripercorro quei sentieri in ogni modo, per Lui non mi fermo neppure
se piango, per Lui il dolore è nulla in confronto alla delusione, per Noi trovo
sempre la porta del labirinto successivo.
(di
Piccola Stella)
TX2012
29
settembre 1929, la temperatura aumentava, gas mefitici colmavano lo spazio, scontrandosi,
reagendo tra loro. Caldo, ancor più caldo, catalizzatore di altre reazioni.
Improvvisa un’esplosione violenta, culmine di quell’apocalisse che segnava una
fine … o un nuovo inizio.
29
settembre 2012, notte limpida, il cielo scuro, come solo il cielo di campagna
sa essere. Stelle lo illuminano trasformandolo in merletto dal fine ricamo,
puntini luminosi che paiono pulsare di vita propria; improvvisa appare, vivida,
brillante, quasi a sgomitare tra le tante a mettersi in mostra, a pretender un
posto d’onore, lei la più brillante, la più vivida, la più bella. La sua luce ha
viaggiato nel nulla più di ottant’anni per mostrarsi a noi. Sorrido
guardandola, benvenuta nuova stella, ti chiameranno TX2012 ma qualche poeta
saprà darti il nome che meriti.
Capitan
giorni
Capitan
giorni in cui quel non so che ti stringe lo stomaco e non sai scacciarlo.
Capitan
giorni in cui la testa non sa concentrarsi e vaga su prati di pensieri
indefiniti, come su campo di grano mosso dal vento che non ti fa coglier forme
statiche, ma in mutamento continuo.
Capitan
giorni in cui l’unica frase che ti viene in mente è “macchecazzo…vaffanculo”!
Capitan
giorni in cui davanti ad un foglio bianco vorresti scriver parole allegre,
ironiche, spiritose, sentirti un Cyrano abile nel declamar versi e ritrovarti
un Valvert che a malapena balbetta un “vous avez un nez … un nez … très grand”.
O peggio un Cyrano che “ nelle mani soltanto stelle rotte-l’ombra perduta tra i
rami che non potevi mai vedere-mentre quell’altro saliva-e ti faceva l’amore”.
Ci son
giorni così … “à la fin de l’envoi, je touche”.
(Con
indegne citazioni di Edmond Rostand e Roberto Vecchioni)
Lucille
Sfiorava
con le dita ormai vecchie quelle curve amate,
la
accarezzava come solo l’amore sa far accarezzare.
Chino su
lei sussurrava parole mentre le dita si muovevano abili a strappar fremiti;
eran solo loro, che importava se chiusi dentro una stanza o in mezzo a milioni
di persone, eran loro nel loro mondo che estraniava tutto il resto.
Sapeva
che sarebbe venuto il giorno in cui le sue mani non sarebbero state più capaci
di sfiorarla, accarezzarla, pizzicarla, sapeva che un giorno i suoi occhi si
sarebbero chiusi per sempre e lei sarebbe rimasta sola e questo gli spezzava il
cuore.
Non
sopportava che altre mani la sfiorassero, che altre dita la facessero vibrare.
Era sua,
non per possesso ma per amore.
Lei, la
sua “Lucille”, per tutti una “banale chitarra Gibson semi acustica”, per lui,
The King, la sua Regina.
Parallele
Volteggia
abile il ginnasta sulle parallele, muscoli scattanti, gesti perfetti,
calcolati, in una coreografia di volteggi.
Corre il
treno su quei binari paralleli che s’inseguono all’infinito mentre volti
anonimi guardan dal finestrino, distratti, persi nei loro pensieri; tristi allontanandosi
da ciò che amano o con un sorriso che non sanno cancellare perché tra poco
occhi amati incontreranno occhi amati.
Capita
che sian vite a correr parallele, vicine, tanto vicine da sfiorarsi, da far
dire “ecco, ora si toccano, si incontrano, si uniscono”; viste da lontano son
una, ma dentro c’è a volte tristezza, dolore, gelosia.
Ma capita,
può capitare che quel parallelismo perfetto si incrini, si spezzi, deragli e
quelle vite si incontrino, si uniscano.
Viste da
fuori rompono quella perfetta geometria.
Ma per
loro è L’ordine dal caos
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