venerdì 18 ottobre 2013

“cinq ghej de pu' ma rus”







Con occhi curiosi il bimbo guardava, seduto in un angolo dell'osteria fumosa, quei volti rugosi ma illuminati da occhi vivi, quei movimenti decisi della mano a giocare la propria carta, gettandola sul tavolo di legno lucido dal tempo. Osservava, affascinato da quei gesti e smorfie che solo loro comprendevano in una sorta di codice tramandato da sempre. Un occhio strizzato, un colpetto a “bussare” sul piano di legno, la mano che sale a sfregare il naso.
Poi le voci salgon di tono all'improvviso, in una sorta di replay vocale rivivono giocata dopo giocata, si scambiano accuse, immaginano strategie diverse.
“Cùme te fà a giugà el set? Pistola! tel sé che'l set bel l'è li o no? Bamba”!
Ora i pugni battuti non son più segnali al compagno di gioco ma cercan di rafforzare la propria teoria mentre il più tranquillo dei quattro lentamente conta i punti con un sorriso, “primiera sette bello e tre scope”. Con una zampetta di coniglio cancella la lavagnetta sbreccata e segna i punti facendo scricchiolare il gesso. Le voci abbassano i toni, i bicchieri tornano a riempirsi e mentre le carte girano ad iniziare una nuova mano tornano i sorrisi
“Teresa un alter mez liter, cinq ghej de pu' ma rus”.
E, in una sorta di copione ormai consueto pronta la battuta:
“Pan, vin e gnòcca e se'el voeur fiòccàa ch'el fiòcca”

Seduto in un angolo del Pub con quegli stessi occhi in un volto ormai adulto ma con quel bimbo ancora dentro si guarda intorno, con un po di malinconica nostalgia, triste al rumore delle slot machine che hanno sostituito quelle voci urlate ma sempre amiche, quei pugni sul tavolo, i sorrisi e le battute.
Ora son solo suoni metallici, luci che lampeggiano, solitudine tra la gente. Volti ipnotizzati davanti a macchine in cui si gettan soldi sognando la fortuna.
Guarda quell'uomo, quella donna, quel ragazzo che solo per un attimo distoglie gli occhi dal monitor che sgrana simboli e numeri girandosi verso il bar: “Jennifer una caipiroska” mentre infila altri 20 Euro nella fessura.
L'uomo ingoia una lacrima, chiude quegli occhi da bimbo e vorrebbe tanto picchiare un pugno sul tavolo di plastica lucida di un orrido verde e urlare:
“Un alter mez, cinq ghej de pu' ma rus”.

giovedì 3 ottobre 2013

Ti...



(Grazie a Sun Rise per il disegno)


Voglio stringere i tuoi polsi con forza vedendo i tuoi occhi farsi torbidi all'improvviso, la bocca schiudersi su parole che restano in gola trasformandosi in gemito roco, la pelle fremere al mio tocco, velarsi di sudore eccitato, i muscoli sussultare in spasmi incontrollabili di piacere, amando e odiando corde che ti stringono.
Voglio far colare saliva tra le tue labbra, nell'incavo della gola, sui capezzoli turgidi. Voglio morderli sentendoti rabbrividire tra dolore e piacere.
Voglio vederti china su quel tavolo, la gonna in vita, lo slip strappato, mostrata ed offerta, indecentemente splendida nella tua umida eccitazione.
Voglio sentire tutti i colori della tua voce quando, ad ogni colpo di cinghia, ringrazi, con toni via via più rotti e sensualmente eccitati.
Voglio vedere l'impronta della mia mano sulle tue natiche, sentire la tua figa contrarsi quando la racchiudo nel palmo, vederla pisciare orgasmo quando, con un si sussurrato, guardandoti negli occhi, te lo concedo.
Voglio vederti succhiare golosa le mie dita che sanno di te, scoparti bocca e gola finchè l'aria manca e la saliva cola su collo e seno, a insudiciarti; sentirti implorare di fotterti ovunque quando è l'istinto a parlare e la mente si perde.
Voglio vederti morder le labbra quando il silenzio ti è imposto e vorresti urlare il tuo piacere, quando pretendo il tuo corpo senza più limiti, ed ogni colpo profondo ti fa più mia fino a restar sfinita nell'incoscienza della petite mort.
Voglio nutrirti facendoti succhiare l'acqua dalle mia mani racchiuse a conca, raccoglier con le labbra il cibo dalle mie dita e succhiarle poi a ripulirle.
Ti voglio fiera tra la gente, con il mio odore addosso, il mio sapore sulle labbra e quel collare a stringerti la gola.

Ti voglio Femmina, Donna, puttana, slave, Regina.Mia