venerdì 30 settembre 2011

Tokio Decadence!








Tokio, la città formicaio, l’ennesimo viaggio e ogni volta scoprirla mutata,
in una città dove in una notte i grattacieli salgono di un piano.
Il solito caos ordinato, la metropolitana leggera che corre tutta in superficie, le migliaia di auto che affollano i larghi viali che la domenica, magicamente, si svuotano di traffico per far tornare i pedoni proprietari della strada.
La navetta che dall’aeroporto corre verso la città mostra paesaggi per noi assurdi.
Quelli che per loro son campi da golf e in realtà sono solo piazzole con bersagli a segnare la distanza del colpo, quella costruzione avveniristica che da lontano sembra un’immensa montagna russa e si rivela esser una “pista da sci” sintetica.
Sorrido al pensiero che certo sarà più facile affascinarli con le bellezze italiche naturali.
Il mio solito Hotel, ed anche quello ad ogni viaggio cambia aspetto, ipertecnologico sempre e come sempre accolto dall’esagerata cortesia delle receptionist.
Pomeriggio e notte di relax per recuperare il fuso orario e il primo appuntamento della mattina, nella Hall mi aspetta l’interprete perché la credenza popolare sostiene che tutti i giapponesi parlino inglese, ma in realtà i giapponesi parlano … giapponese …
La ragazza che mi aspetta è la tipica ragazza giapponese delle icone fotografiche, minuta, non troppo alta, ben proporzionata, un caschetto di capelli nerissimi e due occhi altrettanto neri e lucenti; elegante nel suo tailleur d’ordinanza.
Si presenta come Kin, fortunatamente un nome facile da ricordare.
Mi fa sempre sorridere l’imbarazzo delle ragazze giapponesi davanti ad uno straniero, un imbarazzo che non sai mai se e quanto reale, camminiamo verso la metropolitana; pensare di muoversi in taxi a Tokio e come aver la certezza di arrivare in ritardo. Al semaforo pedonale vedo la fila di post it che ormai conosco, tutti raffiguranti belle ragazze più o meno vestite, con in bell’evidenza il numero di telefono. Sorrido decidendo di vedere quanto quell’imbarazzo sia reale e chiedo a Kin che cosa siano quelle foto; la vedo arrossire mentre tenta di spiegare con giri di parole ciò che è evidente, e la vedo accogliere con un sospiro di sollievo il verde che ci permette di attraversare.
Durante la veloce corsa in metro rimane silenziosa seduta davanti a me e lascio che il mio sguardo la scruti, la indaghi; decisamente una bella ragazza, probabilmente sui 30 anni anche se ne dimostra meno, elegantemente seduta composta, le mani posate in grembo, senza sollevare gli occhi, anche se son certo che sente il mio sguardo.
Poi … giornata di lavoro, riunioni. Incontri, discussioni,
un veloce intermezzo a pranzo e di nuovo lavoro, incontri, riunioni
e ancora in metro, verso l’hotel
ringrazio Kin per l’ottimo lavoro e l’assistenza che mi ha dato e la invito a cena; finalmente vedo un sorrisetto appena accennato spuntare sul suo viso, subito trattenuto e il suo scusarsi perché “stasera ho un appuntamento con una amica”.
Forse sarà solo una mia impressione ma la sua voce sembra “calcare” particolarmente su quel “stasera” e non perdo l’occasione per invitarla per la sera successiva.
Ora il suo sorriso è meno nascosto, solleva quegli occhioni neri nei miei sussurrando un “volentieri grazie”, per poi girarsi e allontanarsi velocemente verso l’uscita.
Puntuale si ripresenta la mattina dopo, sempre professionale nel suo tailleur grigio, sempre seria e compassata durante gli incontri di lavoro e solo a pranzo con un sorriso mi riconferma l’appuntamento per la sera.
Sabato pomeriggio, non si lavora a Tokio, mi godo la città, con i suoi anacronismi assurdi, e finalmente la sera.
Aspetto Kin al bar dell’Hotel, quasi non la riconosco mentre si avvicina, vestita con quella che secondo loro è la moda occidentale, gonna decisamente troppo corta, su stivali che decisamente non sono intonati all’altezza non eccessiva, una camicetta chiara da cui traspare un reggiseno che non sarebbe assolutamente necessario vista la dimensione del seno (e sulla cui consistenza potrei giurare).
Si siede aspettando evidentemente un complimento che non le faccio mancare e il tempo passa tra chiacchiere vuote, incamminandoci poi verso un ristorante italiano gestito da amici che so che sarà apprezzato da Kin che mi ha confidato il suo amore per la nostra cucina.
Alfio, il titolare del ristorante, ci ha riservato un ottimo tavolo in una saletta intima divisa da vari separè.
Gli occhi di Kin sono sempre più lucenti. E l’ottimo chardonnay italiano certo aiuta a rilassarsi.
Porto il discorso di nuovo su quei post it, fingo curiosità e le sue risatine si fanno via via più frequenti, da li ad iniziare a parlare di argomenti intimi il passo è breve ed è affascinante il modo sempre più imbarazzato in cui lei risponde, e a questo punto è evidente che di finto imbarazzo si tratta poiché non si sottrae a domande sempre più intime, parlando prima del suo fidanzato, per arrivare a confessare le loro abitudini sessuali, e via via i suoi desideri ancora non vissuti.
I divanetti del ristorante di Alfio sembrano fatti apposta per favorire avances … scivolo piano al suo fianco, sempre chiacchierando, mentre la invito ad assaggiare una vera grappa piemontese, e distrattamente la mia mano si appoggia sulle sue ginocchia nude, le mie dita premono un po’ più forte e la sua voce, per un attimo, pare rompersi.
Le mie domande fintemente curiose si fanno incalzanti, chiedendo di particolari sempre più intimi, fissandola e esprimendo commenti sulla sua bocca, senza lasciar spazio a doppi sensi e la mia mano leggera si muove scivolando piano sulle cosce, vedendola restare per un attimo con il fiato sospeso, vedendola arrossire, senza finzione questa volta, confessando di non aver mai conosciuto il piacere di un sesso d’uomo tra le labbra, pratica considerata disdicevole in Giappone per una ragazza per bene, e nel contempo, prima ancora che io possa fare la domanda successiva e scontata, di non aver mai provato il tocco di una lingua d’uomo tra le cosce.
La mia mano ormai ha superato l’orlo della microscopica gonna, sfiora quasi il tessuto dello slip, sente il calore del suo sesso. Piano muovo le dita su quel tessuto scoprendolo umido, premo piano, un po’ più forte strappandole un gridolino acuto e soffocato.
I suoi occhi ora sono spalancati nei miei, rimane traccia di quel pudore innato che è proprio di questo popolo, ma mescolato ad indubbio desiderio.
Avvicino la bocca alla sua perdendomi in un bacio profondo e sussurrandole parole perverse all’orecchio, vedendo il suo viso stravolgersi in desiderio, sentendo il suo ventre sussultare al mio tocco, premere contro la mia mano, cercandomi.
So bene che non avrei potuto portala in Hotel da me, sarebbe stato assolutamente sconveniente per lei, ma … Alfio al piano superiore del ristorante, ha tre bellissime suite a disposizione dei clienti.
Senza dire una parola mi alzo prendendo Kin per mano, attraversiamo il locale, l’ascensore velocissimo ci porta al piano superiore, c’è silenzio tra noi, un silenzio carico di eccitazione, di desiderio viscerale, c’è odore di sesso.
Quella porta che si chiude alle nostre spalle, le mie braccia attorno a lei
La sua bocca sulla mia, le lingue che si cercano, si conoscono, frugano.
Gli abiti che cadono a terra disordinatamente, quasi con furia, e le mie dita sulla sua pelle, liscia, morbida, profumata, i capezzoli già turgidi di voglia che chiedono la mia bocca, li sento tra le labbra, li succhio avidamente, la lingua si muove titillandoli e il suo respiro si blocca.
La mia mano che vuole altro,
che scende a togliere quello slip di banalissimo cotone bianco, già intriso di voglia,
che scivola sulla sua figa umida circondata da peluria nera,
le dita che si muovono rapide sul clitoride e strappano gemiti acuti, che lasciano interdetto perché quasi sembrano gridolini di dolore, quasi pianto isterico;
ma mi basta guardarle il viso per capire che è ben altro e all’improvviso tutto il suo corpo è scosso da un lungo brivido, le gambe si piegano quasi adagiandosi sulla mia mano ormai fradicia di umori, testimoni di un orgasmo improvviso.
Si abbandona contro me, respirando con affanno, sollevando il viso, quasi a scusarsi di quell’orgasmo improvviso, e la sua mano si muove a cercare il mio sesso, le sue dita lo stringono muovendosi lentamente, le sollevo il viso, guardandola negli occhi e sussurrandole all’orecchio … ciò che voglio da lei,
la vedo arrossire violentemente, ricordando le sue “confessioni intime” di poco prima, ma già scivola in ginocchio, il volto sollevato verso me, la sua lingua che sporge dalle labbra, che quasi timida si avvicina al mio cazzo, lo sfiora, lo assaggia, si muove lentamente lungo il dorso, risalendo fino alla punta, e con un cenno del capo la spingo a proseguire, schiude le labbra, lascia che prenda la sua bocca
Le labbra si stringono appena, timide, quasi impacciate, ma via via l’istinto prende il sopravvento, lascia che il mio odore d’uomo le colmi la mente, lascia che il sapore del mio cazzo le impregni la gola, lascia che la sua bocca mi parli e mi mostri la sua voglia, che leggo riaccendersi negli occhi.
La sollevo facendola stendere sul letto, le mie mani sulle sue caviglie, spalancandole le cosce, il mio viso ad assaggiare il suo sapore, la mia lingua a scovare angoli segreti,
e ancora quei gemiti acuti, ancora quei mugolii quasi di pianto, ma i sussulti del suo ventre contro la mia faccia sono un muto invito a non fermarmi, a proseguire, ad insegnarle il piacere della mia bocca.
Ancora ed ancora fino ad un nuovo appagante orgasmo, ma stavolta non le lascio il tempo di rilassarsi, già il mio sesso è li, tra le sue cosce, lo muovo piano schiudendole le labbra, lo batto dolcemente sul clitoride per poi, lentamente, spingere
Fissandola negli occhi, velati di voglia perversa, spingo fino in fondo restando immobile e lasciando che sia lei a muoversi per prendersi altro piacere su un orgasmo che ancora non si è smorzato, riprendo a muovermi, con colpi lenti, via via più profondi e decisi, ritmando i miei movimenti con i suoi, colpo dopo colpo, vedendo il suo sguardo appannarsi, la sua bocca aprirsi, il corpo sussultare in movimenti incontrollabili, pago di un nuovo orgasmo violento
Che pare non finire, che non le lascia respiro, che fa uscire dalla sua bocca quei gridolini continui.
Esco da lei ed ora, con decisione, afferro il suo capo, la faccio piegare sul mio ventre, la spingo ad assaggiarmi ancora, a gustare il mio sapore mescolato al suo, a lasciare che la sua bocca si faccia sesso, godendone, fino al mio orgasmo.
Poi stretta contro me, la sento rilassarsi, per un attimo, ma solo per un breve attimo alza i suoi occhi nei miei e subito sfugge il mio sguardo, imbarazzata.
Ma le mie parole non le lasciano tregua, chiedo pretendendo di sapere, chiedo se è così disdicevole succhiare un cazzo d’Uomo, chiedo se è così strano sentir lingua d’uomo sulle figa
e quelle parole riaccendono la sua voglia, il suo corpo scivola sopra il mio, muovendosi sinuosamente, in un eccitante body massage, rivelando che la sua “innocenza” non è poi così “innocente”
serra il mio cazzo tra le sue cosce e inizia una danza lenta e sfinente, fatta di movimenti appena accennati, che per brevi attimi concedono ai nostri sessi di sfiorarsi, per poi tornare ad allontanarsi. Il suo respiro testimonia ciò che il corpo e la mente vogliono.
Ma ora non è più tempo di lasciar a lei l’iniziativa, la faccio stendere sul dorso, i suoi polsi stretti dalla mia mano, mentre con le dita torno a sfiorarle il clitoride, a frugarle la figa.
Il suo ventre si solleva. Chiede, vorrebbe, vuole.
Ma ora no… ora deve attendere.
Lunghe pause in cui il desiderio sembra smorzarsi per riprendere al mio tocco, più violento di prima. La sua bocca spalancata che ormai non sa più gemere, gli occhi spalancati nei miei che chiedono. Ma non mi basta, ora deve chiedere, ora mi aspetto che chieda, lei lo sa. La mia voce le martella la mente “cosa vuoi? Cosa vuoi?”
La vedo lottare con il suo pudore finchè l’istinto e la voglia hanno il sopravvento e quasi urla “fuck me”! ed è come se si rompesse un argine, ora parole escono dalla sua bocca, mescolando inglese e giapponese, suoni inarticolati accompagnati da sussulti del bacino a cercare almeno la mia mano mentre le sue mani vorrebbero liberarsi dalla mia stretta.
E di nuovo mi fermo. Tenendola ben ferma, sotto di me.
I suoi occhi spalancati nei miei mentre non smette di…chiedere …
E con un sorriso le sussurro qualcosa all’orecchio.
La sento irrigidirsi, ma il suo sguardo si fa di colpo torbido.
La sua voce ora è spezzata da tensione, ma non solo, mentre in un sussurro lascia uscire un “si” nella sua lingua, un si che sembra quasi un gemito, ma il tono dice ben altro.
Lentamente torno ad accarezzarla
Lascio che l’eccitazione ed il desiderio crescano
Ancora ed ancora
Le mie dita si fanno strada in lei, fradice di desiderio e…
Scivolano oltre, tra quelle natiche piccole e sode, nel solco a scovare quel buchino, sfiorandolo e bagnandolo di umori, premendo piano e fermandomi quando si contrae, per poi tornare a spingere, più a fondo.
Spiando le sue espressioni.
Ora quei gemiti e gridolini parlano di dolore, e non è questo che voglio. Mi fermo, lasciando le mie dita in lei e scivolando sul suo corpo
Il mio sesso che di colpo la prende, scopandola, sentendo le mie dita attraverso lei, so che il dolore ora è sfumato in altro.
Ora è piacere
Ora è abbandono
Ora è istinto perverso
Ora è sesso istintivo
Odore di voglia, sapore di sudore ed umori
Lingue che si parlano e corpi che si uniscono …
Fino ad un nuovo orgasmo appagante per entrambi.
E stringendola le sussurro che…non è pronta per…altro… non ancora.
E la mattina dopo si presenta puntuale, nel suo tailleur grigio, pronta ad assistermi, ma…con un sorriso strano negli occhi…