mercoledì 25 maggio 2011

Nuda ... legata al timone!







Sole caldo sul lago, l’acqua appena increspata dalla brezza a formare minuscole onde che si inseguono.
Sole caldo e brezza mentre cammini lenta su quel pontile, lei al tuo fianco e Lui sorridente ad attendervi su quel motoscafo.
Sfilate le scarpe salendo a bordo, sotto il Suo sguardo attento mentre scioglie le cime e avvia il motore portandosi al largo.
Sorrisi tra voi, atmosfera rilassata mentre ti perdi ammirando quel meraviglioso paesaggio fatto di verde e azzurro, fatto di splendide ville e palazzi d’epoca, con un castello che domina dall’alto.
L’aria profumata che scompiglia i vostri capelli, lei che sfila gli abiti restando in costume e stendendosi sul prendisole di prua, davanti a Lui, mentre tu attendi e mille pensieri si affollano nella mente, pensieri fatti d’immagini, di discorsi fatti, di sensazioni che eran già promesse e finalmente un gesto che ti permette di sfilare i pantaloncini e canotta, finalmente sole e vento sulla pelle già lievemente abbronzata, e immobile, il capo sollevato fieramente, gli occhi bassi, attendi.
Attendi mescolando timori e desideri, ricordando parole Sue che evocavano una gita in barca, che quasi dettagliando solleticavano la tua immaginazione su ciò che avrebbe potuto essere e … resti quasi delusa quando ti invita a stenderti al fianco di lei e goderti vento e sole, mentre la barca corre veloce su quell’acqua appena increspata, mentre verde, giardini e ville sfilano davanti ai vostri occhi ma la mente è altrove, e il corpo grida.
Sollevi appena il capo dal prendisole e con un sorriso scorgi … quel castello diroccato di cui avete parlato, erto sopra un isolotto roccioso e la barca rallenta, Lo guardi, leggi nei Suoi occhi una luce nuova, diversa, quella luce che ben conosci, e la Sua voce ti conferma che … tutto cambia ora.
La Sua voce che secca e decisa ti dice di alzarti ed avvicinarti, sei davanti a Lui ora, mentre la barca si ferma al largo … ondeggiando piano e … sai, sai ciò che accadrà, ciò che sta per chiederti, ciò che hai vissuto nella mente mille volte, e il solo ricordare quei sogni ti fa infradiciare.
La Sua mano che con gesto deciso scioglie il costume, mettendo a nudo il tuo seno, la Sua mano che, sicura, scende tra le cosce, schiudendole e premendo sullo slip del costume, per poi apostrofarti quasi in tono canzonatorio, dicendoti che, ancora non ti ha toccata e sei giù fradicia come una cagna in calore.
Avvampi, di tensione, d’imbarazzo, di voglia, girando il capo verso lei, ancora stesa al sole, ma attenta ad ogni gesto, ad ogni parola; e quando Lui con gesto Padrone, strappa il tuo slip macchiato di umori e voglia e lo mostra a lei, non sai se sia più l’imbarazzo o la voglia perversa.
Ora sai e ad un Suo gesto ti inginocchi davanti a Lui, le mani dietro la schiena, compostamente strette una all’altra, il busto eretto, e rabbrividisci di piacere perverso quando la corda stringe i tuoi polsi e ti lega strettamente al timone.
“nuda legata al timone” quante volte quelle parole ti son rimbombate nella mente cercando di immaginare, e come sempre la realtà supera l’immaginazione.
Lui in piedi, davanti a te.
Lui davanti a te e il Suo cazzo stretto nel costume davanti al tuo viso. Lui davanti a te mentre la barca prende velocità e senti ogni minimo movimento del timone ripercuotersi in te.
Lui davanti a te accarezzandoti piano il viso per poi stringerti a se, con forza, il volto schiacciato contro il Suo ventre, solo il costume a separare la tua bocca dal Suo cazzo, e le Sue parole, susurrate eppure sembrano urlate: “succhiami”.
Il cuore in gola, il respiro corto, mentre con i denti abbassi il Suo costume, liberi quel cazzo che non vedi l’ora di omaggiare,
lasci che l’odore d’Uomo ti avvolga e schiudi le labbra, accogliendolo.
Non importa più nulla ora, non importa se altre barche sfilano accanto, non importa se dalla costa, pur lontana, qualcuno vede, non importa se lei, appena più in la, vede e sente.
Non importa, non ora, non ora che la tua lingua scivola piano lungo l’asta, più giù fino a bagnar di saliva le palle, e risalendo poi, ad accoglierlo in bocca, scaldandolo con la tua saliva, facendolo scivolare tra le labbra, succhiando avida, e spingendotelo fino in fondo alla gola,
finchè l’aria manca,
finchè la saliva cola,
finchè gli occhi si bagnano di lacrime,
e non basta ancora, vuoi ancor piu,
ancora più in fondo, ancor più al limite.
Per poi vederlo scivolare fuori da te, lucido di saliva, respirando a pieni polmoni per esser pronta a ritrovarlo in gola.
Finge indifferenza, guidando sicuro quella barca, finge indifferenza mentre gli doni un meraviglioso pompino, finge indifferenza ma … il Suo piede nudo si fa strada tra le tue cosce, stuzzica la tua figa, gioca con il tuo clitoride, preme
e tu oscenamente divarichi ancor più le cosce per … scivolare su quel piede che ti fotte.
Ti perdi in quel piacere, e quasi non ti accorgi che lei si è alzata ed è seduta appena dietro Lui, quasi non volesse perdersi neppure un istante del tuo donarti, seduta con le gambe leggermente schiuse, lasciando intravvedere una piccola macchia umida sullo slip e i capezzoli che sembran forare il costume.
E quel piede “cristo così non posso resistere”  non avresti mai pensato di esser così vicina ad un orgasmo, scopata solo da un piede; accelera la barca e prende d’infilata delle onde, tagliandole, e ad ogni onda la barca spancia e ricadendo sembra che quel piede scavi ancor più in te, strappandoti gemiti.
“cazzo non ce la faccio. Sto per godere, ma non posso, non ne ho il permesso”.
Sposti lo sguardo su lei, ora la sua mano accarezza lentamente il seno, infilandosi tra tessuto e pelle, sai che sente i capezzoli turgidi tra le dita, mentre l’altra mano, tra le cosce, preme dolcemente sul clitoride.
“puttana, ti stai masturbando guardandoci, e… cazzo vorrei poter succhiare Lui e leccare te contemporaneamente”.
Spii ogni suo movimento, quasi potessi farle sentire che vorresti esser tu a donarle quel piacere, quasi a studiare come ama cercare e trovare piacere, per perderti di nuovo appena il Suo piede spinge più a fondo.
Afferra il tuo capo ora, con forza “si, si Padrone, si ti prego, guida il mio capo, fotti la mia gola, prendi ciò che è tuo” spinge in te, ti prende come ami ed ama, ma vedi che gira il capo verso lei, anche lui osservando quella lenta masturbazione, sfilandole gli occhiali da sole che le celavano lo sguardo, rivelandolo e lasciando che attraverso quegli occhi velati le si legga dentro il suo desiderio.
I loro occhi che non si abbandonano, si cercano e si trovano, e lei che muove più in fretta la mano, seguendo inconsciamente il ritmo del tuo pompino, lei che scosta lo slip mostrandosi, e sai quanto la imbarazzi questo, ma ora anche lei è persa in Lui, in voi.
Complice e compagna.
E Lui abbandona la tua bocca, rallentando la barca, quasi fermandola, si volta verso lei, con il piede sfiora la sua gamba, bagnandola di te, muove piano il piede in una sfinente carezza mentre lei ormai si prende con le sue stesse dita, a bocca aperta, respirando a tratti, ansando, sai che è prossima all’orgasmo, glielo leggi in tutto il corpo.
Vorresti urlare, gridarle “no, non è giusto, io merito il piacere, l’orgasmo, no, non è giusto, io voglio ancora il Suo cazzo in gola”.
Non riesci a staccare gli occhi dalla mano di lei, dalle sue dita, osservi quei movimenti sempre più rapidi, sul clitoride, lo premono, lo sfiorano con i polpastrelli, girandoci piano attorno, dita che improvvise si piegano e…spingono scivolando su quella voglia, mentre inarca il busto e un lungo gemito le sfugge.
Stringi le cosce cercando un fugace ed inappagante contatto
“stronza no, io voglio godere”, ma non lo pensi, sei quasi felice per lei, con una punta di gelosia ed invidia ma felice.
La vedi abbandonarsi sul sedile, le cosce ora oscenamente aperte, stringendo il seno con una mano mentre l’altra non smette quella masturbazione ormai furiosa e il piede di Lui che si unisce alle sue mani, il suo respiro è ormai un rantolo inarticolato, la pelle abbronzata è velata di sudore eccitato, e … la vedi esplodere in un orgasmo appagante, violento, che la scuote per lasciarla poi persa in quel piacere.
E finalmente hai di nuovo la Sua attenzione, scioglie le corde, ti fa alzare, le natiche appoggiate al timone, sollevando una gamba per meglio offrirti a Lui, le Sue dita ora ti cercano e trovano
Dio quanto ami le Sue dita, così sicure, abili, che sanno sfiorare o prendere, che eccitano e appagano … se lo meriterai.
Le Sue dita in te ora, a scovare quel punto, così sensibile, delicato, eccitante, le Sue dita li, ad insistere e sai che non potrai resistere, senti la tua voce mormorare parole incoerenti, senti la tua voce chiedere e supplicare, stringi i pugni perché sai e temi che anche se non avrai il Suo permesso non saprai dominare il tuo corpo
E il Suo si è una liberazione e lasci che il piacere ti avvolga, che la mente si svuoti, che tutto scompaia e restino solo sensazioni uniche. Le gambe si piagano, il corpo freme e quel getto che ormai conosci cola a bagnarti le cosce, violento e liberatorio, lasciandoti al contempo appagata ed “affamata” perché ora conosci “quell’orgasmo”, ora sai che nulla è più appagante ma che lascia il corpo così sensibile che basta un soffio a riaccenderlo
A farti chiedere ancora a farti implorare
E sai che Lui sa.
Ti fa chinare a terra, il viso premuto in quella piccola pozza formata dal tuo piacere, e già la tua lingua lecca, il tuo sapore tra le labbra, diverso, eccitante, unico.
Lui dietro te, il Suo sesso a sfiorar le cosce, a battere sulla figa facendola contrarre, a farsi strada scivolando in te e spingendo, colpi decisi, profondi.
Sollevi il viso e incroci lo sguardo di lei, ora è lei ad invidiarti, mentre lasci che ti legga dentro, mentre il piacere pare non finire mai e l’orgasmo si somma all’orgasmo, mentre non sai più se stai piangendo, parlando, urlando o solo immaginando di farlo.
E quando esce da te, allora si parli, urli, chiedi, chiedi di non smettere, chiedi di esser presa ancora ed ancora, chiedi di … tutto …
E solo allora ti accorgi di aver forse detto troppo, sentendo il Suo cazzo, bagnato di te, premere tra le natiche, spingere su quel buchino, mordi le labbra, incontri ancora lo sguardo di lei e.. in quel momento Lui … spinge, deciso, a fondo, l’urlo ti muore in gola assieme al respiro, ma troppa è la voglia e l’eccitazione e quel dolore sfuma subito in altro, in piacere, in voglia oscena, in desiderio perverso, e ancora parole, non importa se dette o pensate, ancora parole a chiedere e dirti, a chieder di prenderti in ogni modo, di fotter tutto di te, di non fermarsi, parole anche rivolte a lei, dicendole che vorresti leccarla o farti leccare mentre il tuo culo viene fottuto fino in fondo, sentire sapore di Donna in bocca mentre ti scopano le viscere, sentire lingua di Donna tra le cosce mentre ti doni completamente a Lui. Ma forse son solo parole pensate perché lei non si avvicina, ma torna a frugarsi da sola con la sua mano, a cercarsi; il piacere torna ad accenderla, e quando, ancora, urli il tuo orgasmo, godendo fottuta nel culo, lei spalanca la bocca e…gode con te.
Ma non basta e lo sai.
Ti avventi affamata sul Suo cazzo che sa di te, mescolando ogni sapore di te, gustandolo a fondo, ripulendolo con cura. Per poi fissarlo grata e devota mentre si sposta verso lei, le sussurra all’orecchio poche parole, e la Sua mano scivola dentro quello slip ancora scompostamente indossato, scorgi attraverso la stoffa le dita muoversi, piegarsi, cercare, trovare.
Non serve vedere, sai, solo osservandola in viso, sai che sta sfiorandola come ora tu sai, che sta prendendola come ora tu sai, vedi i suoi occhi farsi vitrei, la sua bocca aprirsi senza parole, i pugni stretti e all’improvviso quell’urlo violento ed appagante e quella macchia che si allarga sullo slip, e non lascia dubbi su ciò che ha appena vissuto,
e ora non sai resistere, se sbagli subirai la punizione, ma ora l’istinto ti guida, ti avvicini a loro, sfili quello slip zuppo e lo porti al viso, annusandolo, leccandolo, senza smettere di fissarla, ancora persa in quegli spasmi che sembran non cessare mai, conoscendo quella voglia appagata eppure che torna così prepotente.
E solo ora sollevando appena il capo vedi che la barca è ormai a ridosso di quell’isolotto e di quel castello diroccato, e mille fantasie si accendono nella mente
Ma questa è un'altra storia

giovedì 19 maggio 2011

Milano da bere e ...






Quello che ero e fortunatamente non sono

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Era la mia Milano, quella che tutti definivano la “Milano da bere”.
Era la Milano allegra e spensierata, in apparenza,
e nel contempo lavoratrice e seria, o meglio seriosa,
ma era anche, sotto la crosta, la Milano dei vizi,
del sottobosco nel quale si mescolava microcriminalità e “bel mondo” perché dava … quel brivido in più.
Era la mia Milano, la Milano che apriva le porte ad un ragazzo con troppi soldi in tasca, gli ormoni alle stelle e praticamente nulla nel cervello.
Un ragazzo che scopriva, di colpo, che una bella macchina e qualche soldo aprivano mille porte e … facevano spalancar cosce accoglienti.
E mancando il cervello lasciavo che quella corrente mi cullasse dolcemente, sentendomi stupidamente grande.
Era la Milano dove “gli aperitivi” non eran di moda e il termine “Movida” era sconosciuto, era la Milano senza ecopass e con molti meno divieti di transito, che ti permetteva di arrivare con il tuo “pagodino” scappottato davanti all’ingresso del locale “IN”, entrare scendendo quegli scalini calpestati dal bel mondo e da attori famosi, sentendoti importante perché la ragazza del guardaroba ti riconosceva e il proprietario ti dava del tu salutandoti. (e lo faceva solo perché alla fine della serata contava allegramente le bottiglie vuote per presentarti il conto).
Era la Milano delle modelline, più numerose nelle settimane della modo, ma sempre e comunque presenti in “quei locali” sperando nel colpo di fortuna che accendesse uno spot su di loro.
Era la Milano delle prime TV private e della caccia ad un passaggio televisivo e non importa se fosse su una Tv vista solo nel palazzo di chi la gestiva.
Era anche la Milano di locali fumosi e nascosti, senza insegne illuminate, dove scimmiottare scene di film americani fumando un sigaro e facendosi “derubare” a poker (e l’holdem ancora non era noto, era poker classico).
O la Milano del “fai girar la canna” in salotti arredati da noti architetti.
Era quella Milano e mi son lasciato prendere. Vivevo la notte sentendomi importante, mentre in realtà ero un anonimo coglione tra coglioni.
Entravo in quei locali sorridendo e scambiando pacche sulle spalle e guardandomi attorno con aria superiore lasciando scivolare lo sguardo sulle varie modelline che facevano arredo, scegliendo, quasi fossi al supermercato, con la sicurezza stupida di chi sa che non gli diranno no.
Per poi ritrovarmi tra il solito gruppo di amici, stupidi quanto me, e la ragazza di quella sera al fianco, da esibire come facile trofeo, intontirla di parole, millantando conoscenze tra direttori di riviste patinate o responsabili casting, e bastava quello a farle sciogliere, mescolando bugie a coppe di bollicine; a spingerle a strusciarsi contro come la più tenera e fedele delle amanti e a quel punto il “gruppo” prendeva il sopravvento, per mostrare stupido machismo e potere basato sul nulla, diventava una gara a chi otteneva di più da quelle ragazze disposte a tutto.
Certo loro eran consapevoli di ciò che facevano e lo facevano con uno scopo ben preciso, ma noi non eravamo certo meglio di loro, anzi.
Sfruttavamo la loro “sete” di arrivare per i fini più turpi, per goliardia.
Prendendole per mano e portandole nei cessi di quel locale per una scopata in piedi, contro il muro, non per il piacere del sesso, ma solo per dimostrare ad altri che “io posso farlo quando voglio”.
E quando la notte si faceva quasi alba e in quei locali restavamo in pochi, i soliti, quelli che al mattino non dovevano alzarsi per lavorare, tutto degenerava, la “gara” si faceva più sfacciata, dallo sfidare la modellina di turno a fare a tutti un pompino con ingoio al deriderla dicendole che non aveva neppure idea di come si facesse un bel pompino e scostarla bruscamente invitando l’amica a dimostrarle di saper far meglio.
E le sere, le notti passavano così, incontrando a volte l’attor comico famoso che estraendo l’ampollina argentata disponeva in bella mostra “strisce bianche” offrendole a tutti, e unendosi ai nostri “giochi idioti” usava il corpo nudo di una ragazza come vassoio.
Si, ero, eravamo ragazzi ed eravamo stupidi, ma questo non ci giustifica.
Finchè una sera qualcosa accadde, nessuno aveva capito che in quelle “modelline” potevano nascere sentimenti veri, o meglio fingevamo di ignorarlo, e qualcosa accadde, non a me personalmente per fortuna, ma avrebbe potuto, forse è stata solo fortuna, destino, non so.
Ma è stata la mia svolta.
Non per paura che potesse capitare a me. Non per vigliaccheria, ma nel prender coscienza che erano Persone, probabilmente migliori di tutti noi, che la vita non era una notte a bere e scopare o perder soldi a poker. Che esser “grandi” non era poter schioccar le dita e avere al fianco una bella donna disponibile.
E quello che per altri fu sfortuna e dramma per me fu fortuna, che mi cambiò la vita, facendomi crescere.
Permettendomi di realizzarmi nel lavoro, capendo che non son paradisi chimici o alcool a darti sicurezza, potere o maturità ne tantomeno la scoperta di te stesso. Quella la trovi dentro te, comprendendoti e accettandoti
Così come ho fatto.
Così come poi, sentendo il Master che era in me farsi avanti nasceva all’inizio paura nel timore che fosse devianza, pazzia, diversità. E solo analizzandomi riuscire a capire che era solo l’altra parte di me, ma non sporca e stupidamente arrogante, ma quella che, pur vivendo questo mondo, aveva rispetto assoluto per le Persone. E che questo non può ne deve mai mancare.
Perché scrivo tutto ciò? Non lo so onestamente, forse perché mi serve a liberarmi un pochino di più da un peso ed un rimorso che comunque resteranno sempre in me.
Mi spiace deludere chi forse si aspettava un altro racconto erotico, ma come in quelli scrivo di vissuto e di ciò che sono, bè anche questo sono io, o meglio, fortunatamente ERO.

giovedì 12 maggio 2011

Solitaria Attesa ... Perversa!









Il risveglio dei sensi … in attesa di viversi … ancora!


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Flashback improvvisi si accendono nella tua mente nel dormiveglia in quel letto solitario

Immagini vive che trasmettono sensazioni vissute
Che evocano odori e sapori
Che ti trasportano altrove
L’altrove dove ora vorresti essere
Dove sarai … .
Immagini confuse pur nella loro nitidezza, sovrapponendosi le une alle altre,
mescolandosi senza soluzione di continuità a creare una realtà vissuta, ormai parte di te.
Immagini di Lui, silenzioso davanti a te che non sai sostenere il Suo sguardo, che senti sulla pelle.
Lui che si avvicina e quasi senti, in quel dormiveglia eccitato, la Sua mano tra i capelli, le sue dita stringere la benda e il buio.
E chiudi gli occhi stringendoli per immergerti ancor più in quell’immagine, quel ricordo, quel desiderio di vita.
Buio e Lui, e all’improvviso tutto cambia nella mente, nei ricordi.
Pelle di donna sotto le tue mani, che le sfiorano le cosce sentendo i suoi muscoli tendersi, dita timide e via via più sicure che schiudono quella conchiglia umida e si muovono sul clitoride eccitato, ansimi di donna che accompagnano il tuo movimento a cui unisci i tuoi ansimi, sempre più rapidi.
E di nuovo è altro
È corda sui tuoi polsi, è corda alle tue caviglie, che costringono le gambe a spalancarsi e la figa a mostrarsi oscena, ad offrirsi,
e al sogno si sovrappone la realtà, mentre nel tuo letto spalanchi le cosce, sollevi il bacino in colpi ritmati, a scopare aria, e ancora immagini nella mente, capelli lunghi a sfiorar le tue cosce, bocca di donna ad assaggiarti, lingua di femmina a leccarti e un gemito reale ti sfugge mentre senti il sesso contrarsi quasi ad imprigionare e trattenere in se quella lingua.
E son le tue mani ora, nella mescolanza tra sogno e realtà, a scivolare lungo le cosce, le tue unghie a graffiarle piano mentre mordi le labbra, le tue dita a muoversi intorno al tuo sesso, vicine eppure non abbastanza, a sfiorarlo appena, mentre la mente sente e vede altre dita, di Lui, di lei, che importa,
e quelle dita, le tue, le loro, ora sono sul clitoride, lo premono decise e un lungo gemito ti sfugge, la pressione si allenta e i polpastrelli sfidano quel bottoncino sensibile, lo circuiscono con movimenti lenti, e all’improvviso, nel ricordo di un ordine deciso, la tua mano colpisce, una, due, tre volte, e non è dolore, non è piacere, o meglio è l’uno e l’altro assieme, amplificandosi a vicenda.
La schiena si arcua su quel letto ormai sfatto, le dita già bagnate di te spingono, aprono, prendono. Si muovono al ritmo che senti tuo, rapide, profonde, decise, per fermarsi all’improvviso e il respiro si arresta con loro.
Immagini ancora nella mente, immagini di ventre di donna sopra il tuo viso, odore di donna nelle tue narici e sporgi la lingua, assaggiandola, imparando quel sapore, facendolo diventare parte di te;
e inconsciamente ora la tua mano lorda di te è tra le tue labbra, perché il tuo sapore diventi il suo, la tua lingua impazzisce sulle tue dita sporche di voglia e la mente vede e sente sapore di figa di lei nella bocca, sente e vede quella labbra pulsanti schiudersi, la lingua giocare con il clitoride
sente la tensione di lei nell’orgasmo che cresce,
sente lo schiudersi ospitale della figa mentre la fotti con la lingua
e ancora cambiano quelle immagini
ora è odore d’uomo davanti a te
ora è cazzo nella tua bocca
che spinge, si gonfia, scopa la gola
e le tue dita ora diventan quello, mentre le spingi ancor piu a fondo, mentre saliva si unisce a quegli umori, mentre ti senti puttana, la Sua puttana, la loro puttana, e spalanchi ancor più le cosce, quasi ad implorare d’esser toccata, sfiorata, masturbata, scopata, leccata e danza il tuo ventre…nel nulla.
Ed è corpo d’Uomo sopra il tuo viso, e la tua lingua ad adorarlo, muovendosi ovunque, senza tabù, dal sesso alle natiche, schiudendole e leccando anche li, su quel buco che, razionalmente rifiuteresti di leccare, eppure ora è naturale, nella fantasia come è stato nella realtà .. e ancora sarà.
e ancora è altro
ancora altre immagini, ancora viso di donna sotto di te
ancora lingua di donna a cercarti, ed è quella lingua che ora cerca il tuo culo, che lo bagna di saliva densa d’eccitazione, che lo solletica a prepararlo e le tue dita diventan quella lingua, si muovono tra le tue natiche, le schiudono e premono, bagnando di saliva quel buco, fonte di piacere e dolore,
ma ancora una volta l’uno diventa altro e ora il desiderio va oltre il sogno, ora la voglia esplode in te scorrendo nelle vene, ora il piacere pretende d’esser vissuto.
E ancora e ancora immagini
Immagini di Lui che afferra il tuo capo, ti piega carponi su quel letto e lei che scivola fra voi, la sua bocca a cercare il tuo sesso, ancora a morder la tua figa, a succhiarti il clitoride, a leccare la tua voglia, a bere i tuoi umori
e il sogno, le immagini, il desiderio, la voglia si fanno vere;
stesa bocconi sul tuo letto il cuscino tra le cosce ondeggiando al ritmo che Lui ti imporrebbe, strusciandolo sul ventre, stringendolo tra le gambe, sentendo la voglia farsi prepotente
e quel cuscino diventa la bocca e la lingua di lei, affamata di te, ma non basta, non ancora, non danno tregua quelle immagini nella mente, non hai tregua dalla tua voglia
ora, si ora sei ciò che sai d’essere, ora sei femmina e puttana, per Lui, per loro
ora li vedi, li senti
lei che avida lecca il tuo sesso, Lui che con gesto deciso spalanca le tue natiche e la Sua saliva cola a bagnare quel buchino.
Realtà ora
ora che scopi spudoratamente quel cuscino ansimando con suoni rochi
ora che le tue dita, sporche di umori e saliva scivolano tra le tue natiche e un velo di sudore eccitato copre la tua pelle
ora che il dito preme piano sul tuo culo, sentendolo contrarsi d’istinto, lo muovi piano, dolci movimenti circolari che contrastano con le furia del tuo cavalcar quel cuscino, che non è cuscino ma il volto di lei, le stai scopando la faccia, sporcandole il viso di umori e voglia che lecca golosa
e a quel pensiero, con decisione, il tuo dito preme, spinge, forza, apre, prende
nel culo
lo spingi lo muovi, lo prepari perché non basta ancora
di più, vuoi di più, come se stessi preparandolo per Lui, come se fossi pronta ad offrirglielo come vuoi fare. E forzi quel buco, lo apri, sfili di colpo le dita in un lungo sospiro, sentendo quasi i Suoi occhi osservare quel buco oscenamente aperto, tra imbarazzo ed eccitazione, e subito, ancora spingi, fottendoti il culo, scopando il cuscino
ancora, ed ancora, senza tregua, senza respiro, tra sudore, ansimi e piacere.
Ancora colando voglia nella bocca di lei
Ancora sentendoti riempire le viscere dal suo cazzo, perché quello nella tua mente son diventate le tue dita
Ancora mentre il cuscino si impregna di voglia
Ancora mentre le dita ti fottono culo e anima
Ancora e …
Non serve altro perché senti la Sua voce ricordarti quell’ordine…
Quel doverti negare il piacere finchè non sarai ancora davanti a Lui
Presto
Per esser come Lui ti vuole e pretende che tu sia
Femmina oltre il pudore,
cagna eccitata e pronta,
Donna come sai d’essere con Lui
E lentamente ti stendi cercando di riprendere il ritmo del respiro
Afferri il cuscino che ti è stato complice e che ancora terrai stretto al viso…per prolungare quella dolce e sfinente sofferenza e attesa
E lasci che le tue dita sfiorino la pelle, dove i Suoi segni son pian piano sfumati
Ma… altri ne avrai
E i veri segni, quelli nell’anima, nulla e nessuno, neppure il tempo potrà cancellarli
E il sonno torna …. Avvolta dall’afrore perverso della tua voglia che riempie la stanza ed emana dal tuo cuscino, tra quelle lenzuola sfatte che hai stretto e morso, impregnandole di sudore e voglia, sapendo che presto, ancora, altre immagini torneranno, altro desiderio si accenderà, altra voglia pretenderà appagamento, e ami questa tensione erotica … nell’attesa di donarla a Lui.
Perché questo sei tu, ora che sai.