domenica 28 luglio 2013

"Fammi male ... fammi bene"!






Un giro, la corda si tende.
Un giro, il nodo si stringe.
Un giro, la pelle si segna.
Al buio della benda il corpo come creta
Le Sue mani a scolpire.
Dita che stringono la nuca.
Mani che piegano il corpo.
Pelle, la tua, offerta, donata, in attesa.
Pulsa il cuore, violento, tra le cosce e nella gola.
Sfinente l’attesa di … non importa cosa.
Odore di cuoio esplode nel cervello, accende timore, voglia.
Un sibilo, improvviso, la pelle brucia, strie rosse a segnarla
Un sussurro dalla tua gola “fammi male, fammi bene”

Ed è più di un “ti amo”.

sabato 27 luglio 2013

L'ultimo ... "spettacolo" - 26 luglio 2013






Luci bianche su quel palco, a disegnar e cancellare ombre, quasi a violentare quei corpi immobili sulla scena, in un silenzio irreale.

Rumore di passi sulle tavole consunte,
l'uno deciso, forte, sicuro, l'altro al suo fianco, leggero e leggiadro, a formar un tutt'uno;
un passo dopo l'altro, fino al proscenio, inchinandosi.

Loro e solo loro, rubano la scena, in quest'ultimo atto, in quest'ultima recita d'addio.
Attori e protagonisti che scelgono di ritirarsi, che sorridendo al loro pubblico dicono, mentendo,
”in fondo era solo una recita”
e indicando le figure immobili alle loro spalle aggiungono
“loro saranno meglio di noi”,
ma sanno di mentire, nessuno li potrà sostituire,
ne sulla scena ne nel cuore di chi li ha applauditi e li applaude.

Scende lento il sipario, le luci si spengono su una inutile triste standing ovation.

Mai più come prima.

Adieu.

A Paola e Luigi

venerdì 26 luglio 2013

Giochi di bimbi






Ho fatto tanti giochi da bambino e da adulto ma non ho mai giocato a braccio di ferro o a chi ce l'ha più duro;
l'uno perchè probabilmente avrei perso e non mi piace perdere, l'altro perchè mi sembrava una cosa idiota o forse per pudore.


Ho giocato a tanti giochi e nonostante tutto a molti ho perso, e non ha mai scalfito il mio orgoglio, anzi spesso lo ha rafforzato.
Ho giocato a molti giochi e sempre ho giocato con correttezza e rispetto, e se chi “giocava” con me si faceva male non lo ignoravo ma me ne preoccupavo.
Ma se chi “giocava con me” mi sputava in faccia mi limitavo ad asciugarmi quello sputo e a girar le spalle, guardando verso il tramonto.
Magari mi veniva rinfacciato che avrei potuto chiedermi il perchè di quello sputo, ma credo che ognuno sia responsabile delle proprie azioni, scelte, parole, e se una discussione è accettabile, se il confronto è auspicabile, altro no, non per me.

Non gioco a braccio di ferro, ne a chi ce l'ha più duro.

Le parole a volte tradiscono, si dice, ma non quando sono e son state parole vere, parole che hanno ed hanno sempre avuto il loro reale significato se dette, altrimenti erano silenzi e non son mai state “facili parole”.

E allo stesso modo, leggendo o ascoltando, ho sempre preso le parole dette a me per “parole vere” quelle sussurrate come quelle urlate con rabbia, come gli atti che son seguiti, che non lasciavan spazio ad interpretazioni.

Non è una sfida, non è un gioco a “chi ce l'ha più lungo”.

Si vuol misurare il valore, l'intensità, la bellezza e la realtà di un rapporto con un braccio di ferro, con un aut aut, dimenticando parole dette, anzi urlate e azioni compiute, dicendo … è conseguenza; forse, ma sempre parole e gesti sono.

Forse non capisco e non so capire ma anche se guardo verso il tramonto, in quel tramonto vedo lei, anche se alle mie spalle.

So ciò che sente, prova e non lo metto in dubbio, ma sento anche che IO son messo in dubbio.

Ma non mi è mai piaciuto giocare a braccio di ferro, non ho mai giocato a chi ce l'ha più duro, e non giocherò a far filtrare messaggi virtuali in modo trasversale, non più.

Tanto ci sarà sempre un'amica pronta a dire “brava ciccia” … magari un'amica che predica bene ma ...

giovedì 25 luglio 2013

A confonder triste solitudine per indifferenza






Guardo verso il tramonto, il sole scende lento, ma non lo vedo.
Ho il viso bagnato, ma non è pioggia. Il vento è caldo, eppure ho brividi.
Metto impacchi di triste solitudine ghiacciata sui lividi della mia anima.
Guardo verso il tramonto ma non lo vedo.
Sento dietro di me il tuo sguardo, non puoi vedere il mio viso ne i lividi della mia anima.
E' facile, a volte, confonder per indifferenza il gelo dell'anima ferita.

mercoledì 17 luglio 2013

"Un … umido … viaggio in treno!"






L’ennesimo viaggio in treno, la noia del ritmico tambureggiare delle ruote sui binari.
Il torpore che quasi ti assale e quel libro tra le mani su cui non riesci a concentrarti, le parole son solo segni neri sulla carta, la mente è altrove.
Li su quel sedile, la camicetta che sfiora la pelle nuda e sensibile, la gonna leggera indossata sul nulla e mille pensieri perversi nella mente.
Improvviso il trillo del cellulare, non serve guardare lo schermo, sai, d’istinto, che è Lui.
L’auricolare nell’orecchio per isolarti meglio dal resto del mondo, per esser più Sua, mentre già la Sua voce ti accarezza la mente, le parole accendono i sensi, senti i capezzoli tendersi e sfregare il tessuto, il cuore pulsa tra le cosce colando umida voglia indecente e segui il filo delle Sue parole, lasciandoti portare lontano, verso ciò che sei.
Chissà se l’uomo seduto accanto a te percepisce quell’odore di voglia che senti, o forse immagini di sentire; chissà se la ragazza che ti sta di fronte coglie, da donna, i tuoi brividi e desideri.
Posi il libro tra le cosce, in modo apparentemente innocente, casualmente il bordo del libro preme sul tuo ventre. Più forte, come tu ami, come piace a te. Con pressione costante.
E la Sua voce, le Sue parole dettano il ritmo, più veloce ore, più decisa, e ora FERMA! Così premendo con forza, per riprendere poi a muoverlo con lenta dolcezza, una marea che cresce, sale, una risacca che, onda dopo onda aumenta il desiderio, il bisogno.
Sollevi per un attimo gli occhi e incroci lo sguardo della ragazza, è un attimo, ma ti basta, non hai dubbi, lei sa, ha compreso.
Martellano quelle parole nella mente mentre sollevi lo sguardo a cercare ancora quegli occhi chiari, fissandoli; la vedi accavallare le gambe, ondeggiando piano, al tuo stesso ritmo, al ritmo del tuo respiro, che cresce, accelera, si fa rapido.
Schiudi appena le labbra, specchiandoti in lei e lei in te.
Più veloce ora, più deciso il tocco, la pressione, la danza perversa.
Non parli, non hai detto una parola dall’inizio della telefonata, persa nelle Sue parole, in un ritmo crescente, quasi Lui fosse li, davanti a te, a vederti, quasi sapesse con esattezza ciò che provi, che senti e desideri, quasi cogliessi il tuo bisogno, la tua urgenza di piacere, quasi sapesse esattamente quanto vicina all’orgasmo ormai sei, siete … perché anche lei, davanti a te ha il viso arrossato, il respiro corto i capezzoli che tendono la maglietta sottile.
E improvviso quell’ordine odiato, temuto, assurdamente desiderato forse ti esplode nelle orecchie e nel cervello:
“BASTA COSI”!
sai bene che non servirebbe ne chiedere ne implorare.
Stringi con forza il libro sollevandolo, mordi le labbra per non maledire quel contatto che ora manca e forse per trattenere uno “stronzo” pieno d’amore rivolto a quel telefono.
Lui sa, certo della tua obbedienza, non deve chiedere ne vedere, e il click della comunicazione interrotta te lo conferma, lasciandoti spossata il ventre in fiamme, le cosce umide e il respiro che piano cerca riposo.
Guardi lei, davanti a te, il suo sguardo stupito, conscia che hai interrotto quell’orgasmo al limite, e quasi in simbiosi ha arrestato il suo.
Vorrebbe chiedere, capire, ma più di tutto vorrebbe quel piacere che ancora sente li.
Si alza lanciandoti uno sguardo penetrante, le lunghe gambe e il sedere rotondo disegnato da quei pantaloncini, mentre cammina verso la toilette, apre la porta, voltandosi verso te ed osservandoti per un lungo istante, entra, per uscire dopo alcuni minuti, il viso rilassato, scuri segni di piacere vissuto sotto gli occhi, e torna a sedersi davanti a te.
Cerca ancor ai tuoi occhi, vorrebbe capire il perché della tua rinuncia, vorrebbe sapere cosa ti ha fermata, sa che non è stato per timidezza o pudore, e sfacciatamente, quasi sfidandoti, avvicina al viso le dita, sfiorandosi le labbra, annusandole, succhiandole.
Puttana!
Puttana e stronza.
Vedi la sua lingua danzare su quei polpastrelli che sanno di donna, del suo piacere, le labbra stringersi ad avvolgerli, quasi mimando un pompino, e un sorriso quasi di scherno verso te.
Guardi dal finestrino nella speranza che il paesaggio ti distolga da quei pensieri, da quelle voglie, dal pensiero di quella stronza che chiusa in un cesso si è masturbata fino all’orgasmo. Era il tuo orgasmo cazzo, ti senti come se te lo avesse rubato.
Un rumore ti distoglie dai tuoi pensieri, ti volti e … Lui … sorridente si siede accanto alla ragazza, ma guarda te, cerca i tuoi occhi, ignorandola.
STRONZO, era qui, ha visto tutto, anche questa troietta che si scopava da sola.
Ma ti perdi nel Suo sorriso, finché ti prende la mano alzandosi: “andiamo”.
Lo segui, non importa dove, non importa cosa, stavolta sei tu a guardare con aria di sfida e scherno la stronzetta che è rimasta a bocca aperta, sfiorandole la gamba passando e non sai resistere al piacere di … schiacciarle inavvertitamente un piede, scusandoti poi con un sorriso falso.
Lo segui, stavolta sei tu, con Lui, a raggiungere la porta della toilette, tu, voi, ad entrare, e subito le Sue mani son su te, a stringere i seni attraverso la camicetta leggera
A farti voltare verso il minuscolo specchio mentre solleva di scatto la gonna.
Vedi, nel riflesso, la Sua soddisfazione nel trovarti fradicia e già le Sue dita frugano, toccano, aprono, prendono.
Stringe con forza i tuoi polsi piegandoli dietro la schiena, costringendoti a chinarti in avanti, respiri ansimando.
Dio lo vuoi, non ce la fai più, vuoi esser scopata, presa, fottuta, usata.
Ecco, il suo cazzo, lo senti sulle natiche nude, lo senti battere, quasi a sculacciarti, lo senti muoversi tra le labbra fradice a bagnarsi di te e, con un colpo deciso, prenderti, fino in fondo, con colpi profondi, ritmati. La testa persa in mille sensazioni, il piacere che vorresti poter urlare ma ti mordi le labbra, giri il capo verso Lui, sussurri tra gemiti smozzicati la tua richiesta, il permesso di godere, ed al Suo si, esplodi chinando il viso nel lavello, stringendo le labbra per mascherare i gemiti, sussulti senza poter frenare quel tremito che ti scuote e le gambe cedono, facendoti scivolare a terra, su quel pavimento lercio, ma non importa, non più.
La Sua mano tra i tuoi capelli, ti fa sollevare il viso, la tua bocca diventa figa, il cazzo che spinge, che scopa, che soffoca; conati trattenuti a stento, aria che manca, e ancora piacere fino a bere il Suo orgasmo, sentendolo scivolare caldo, sul viso, in gola.
Poi una carezza a dirti, senza parole, quanto sei per Lui, ed esce …
Ti ricomponi alla meglio, ora sei tu a camminare tra i sedili, fissando quella stronzetta, ora sei tu ad esser fiera di quei segni scuri sotto gli occhi, ora sei tu a sederti davanti a lei, sfiorandoti le labbra in punta di dita per poi rilassarti sul sedile e gustarti il sapore d’Uomo che ancora hai sulle labbra.