giovedì 19 maggio 2011

Milano da bere e ...






Quello che ero e fortunatamente non sono

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Era la mia Milano, quella che tutti definivano la “Milano da bere”.
Era la Milano allegra e spensierata, in apparenza,
e nel contempo lavoratrice e seria, o meglio seriosa,
ma era anche, sotto la crosta, la Milano dei vizi,
del sottobosco nel quale si mescolava microcriminalità e “bel mondo” perché dava … quel brivido in più.
Era la mia Milano, la Milano che apriva le porte ad un ragazzo con troppi soldi in tasca, gli ormoni alle stelle e praticamente nulla nel cervello.
Un ragazzo che scopriva, di colpo, che una bella macchina e qualche soldo aprivano mille porte e … facevano spalancar cosce accoglienti.
E mancando il cervello lasciavo che quella corrente mi cullasse dolcemente, sentendomi stupidamente grande.
Era la Milano dove “gli aperitivi” non eran di moda e il termine “Movida” era sconosciuto, era la Milano senza ecopass e con molti meno divieti di transito, che ti permetteva di arrivare con il tuo “pagodino” scappottato davanti all’ingresso del locale “IN”, entrare scendendo quegli scalini calpestati dal bel mondo e da attori famosi, sentendoti importante perché la ragazza del guardaroba ti riconosceva e il proprietario ti dava del tu salutandoti. (e lo faceva solo perché alla fine della serata contava allegramente le bottiglie vuote per presentarti il conto).
Era la Milano delle modelline, più numerose nelle settimane della modo, ma sempre e comunque presenti in “quei locali” sperando nel colpo di fortuna che accendesse uno spot su di loro.
Era la Milano delle prime TV private e della caccia ad un passaggio televisivo e non importa se fosse su una Tv vista solo nel palazzo di chi la gestiva.
Era anche la Milano di locali fumosi e nascosti, senza insegne illuminate, dove scimmiottare scene di film americani fumando un sigaro e facendosi “derubare” a poker (e l’holdem ancora non era noto, era poker classico).
O la Milano del “fai girar la canna” in salotti arredati da noti architetti.
Era quella Milano e mi son lasciato prendere. Vivevo la notte sentendomi importante, mentre in realtà ero un anonimo coglione tra coglioni.
Entravo in quei locali sorridendo e scambiando pacche sulle spalle e guardandomi attorno con aria superiore lasciando scivolare lo sguardo sulle varie modelline che facevano arredo, scegliendo, quasi fossi al supermercato, con la sicurezza stupida di chi sa che non gli diranno no.
Per poi ritrovarmi tra il solito gruppo di amici, stupidi quanto me, e la ragazza di quella sera al fianco, da esibire come facile trofeo, intontirla di parole, millantando conoscenze tra direttori di riviste patinate o responsabili casting, e bastava quello a farle sciogliere, mescolando bugie a coppe di bollicine; a spingerle a strusciarsi contro come la più tenera e fedele delle amanti e a quel punto il “gruppo” prendeva il sopravvento, per mostrare stupido machismo e potere basato sul nulla, diventava una gara a chi otteneva di più da quelle ragazze disposte a tutto.
Certo loro eran consapevoli di ciò che facevano e lo facevano con uno scopo ben preciso, ma noi non eravamo certo meglio di loro, anzi.
Sfruttavamo la loro “sete” di arrivare per i fini più turpi, per goliardia.
Prendendole per mano e portandole nei cessi di quel locale per una scopata in piedi, contro il muro, non per il piacere del sesso, ma solo per dimostrare ad altri che “io posso farlo quando voglio”.
E quando la notte si faceva quasi alba e in quei locali restavamo in pochi, i soliti, quelli che al mattino non dovevano alzarsi per lavorare, tutto degenerava, la “gara” si faceva più sfacciata, dallo sfidare la modellina di turno a fare a tutti un pompino con ingoio al deriderla dicendole che non aveva neppure idea di come si facesse un bel pompino e scostarla bruscamente invitando l’amica a dimostrarle di saper far meglio.
E le sere, le notti passavano così, incontrando a volte l’attor comico famoso che estraendo l’ampollina argentata disponeva in bella mostra “strisce bianche” offrendole a tutti, e unendosi ai nostri “giochi idioti” usava il corpo nudo di una ragazza come vassoio.
Si, ero, eravamo ragazzi ed eravamo stupidi, ma questo non ci giustifica.
Finchè una sera qualcosa accadde, nessuno aveva capito che in quelle “modelline” potevano nascere sentimenti veri, o meglio fingevamo di ignorarlo, e qualcosa accadde, non a me personalmente per fortuna, ma avrebbe potuto, forse è stata solo fortuna, destino, non so.
Ma è stata la mia svolta.
Non per paura che potesse capitare a me. Non per vigliaccheria, ma nel prender coscienza che erano Persone, probabilmente migliori di tutti noi, che la vita non era una notte a bere e scopare o perder soldi a poker. Che esser “grandi” non era poter schioccar le dita e avere al fianco una bella donna disponibile.
E quello che per altri fu sfortuna e dramma per me fu fortuna, che mi cambiò la vita, facendomi crescere.
Permettendomi di realizzarmi nel lavoro, capendo che non son paradisi chimici o alcool a darti sicurezza, potere o maturità ne tantomeno la scoperta di te stesso. Quella la trovi dentro te, comprendendoti e accettandoti
Così come ho fatto.
Così come poi, sentendo il Master che era in me farsi avanti nasceva all’inizio paura nel timore che fosse devianza, pazzia, diversità. E solo analizzandomi riuscire a capire che era solo l’altra parte di me, ma non sporca e stupidamente arrogante, ma quella che, pur vivendo questo mondo, aveva rispetto assoluto per le Persone. E che questo non può ne deve mai mancare.
Perché scrivo tutto ciò? Non lo so onestamente, forse perché mi serve a liberarmi un pochino di più da un peso ed un rimorso che comunque resteranno sempre in me.
Mi spiace deludere chi forse si aspettava un altro racconto erotico, ma come in quelli scrivo di vissuto e di ciò che sono, bè anche questo sono io, o meglio, fortunatamente ERO.

10 commenti:

  1. Bello scoprire pezzi di te... e della tua vita...
    Grazie
    Serena

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  2. Non è mai facile ripensare i propri errori, ma comprenderli e migliorare proprio grazie a loro... è la cosa migliore che si possa fare.
    Sei una bellissima persona, non c'è bisogno che lo dica io, e tutto ciò che hai vissuto ti ha portato a diventarlo, nel bene e nel male.

    Pagina Bianca

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  3. Grazie Pagina Bianca,mi lusinga ciò che scrivi e mi inorgoglisce perchè so chi sei e il tuo giudizio è importante, un po ruffiano magari ma importante ;-)

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  4. Un po' di luce su Master E senza dover andare a scovarlo nei racconti del vissuto: finalmente ;)

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  5. Anche questo è vissuto ... e poi addirittura qui trovi una intervista fattami ... che vuoi di più eheh

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  6. L'ho letta l'intervista, ma preferisco quando parli apertamente. Le interviste sono aride anche quando lasciano piena libertà. Preferisco di gran lunga quando le persone si lasciano andare e pensieri e ricordi fluiscono liberamente.

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  7. A vent'anni son stata letteralmente presa e fatta sedere su una sedia da una persona...scegli Sonia...vivi o muori...non mi ha dato altra scelta, nessuna scappatoia...ho scelto di vivere perché il morire lasciava troppo dolore.. Sei anni fa ho dovuto scegliere di nuovo e ancora ho scelto la vita...una vita che probabilmente non mi appartiene...ma mi ha reso la stupenda Donna che sono...
    Sono sempre scelte...
    Sonia Tosin

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