mercoledì 16 marzo 2011

Puttana nell'anima!







Odore di pioggia nell’aria mentre con il cuore in gola ti avvii verso la stazione, mille pensieri nella mente, gli stessi che da giorni ormai ti accompagnano e ti rubano il sonno.
Timore, sogni, fantasie, desideri, voglie.
Ripensi a quando ti sei ritrovata con quel biglietto tra le mani e tutto, di colpo è diventato reale, vero.
Tutti quei sogni, quelle parole, ora erano li…in quel pezzetto di carta tra le mani.
Sali, scegli la carrozza, aspetti
Sarà una lunga attesa, lo sai
La ultime notti quasi insonni si fanno sentire, eppure la tensione ti impedisce di rilassarti. Sembra che tutti ti guardino in quello scompartimento quasi potessero leggerti i pensieri, quasi vedessero, sapessero che sotto quel maglione lungo indossi solo collant a pelle, che stringono, premono, sfidano.
Lo sguardo assente oltre il finestrino, paesaggi che sfilano veloci e … il trillo improvviso del cellulare, non serve guardare, sai che è Lui.
La Sua voce, le Sue parole, il tuo sguardo che passa e sfugge i compagni di viaggio, quasi potessero sentire le Sue parole o leggere la tua mente, mentre ti rannicchi sul sedile, le gambe strette al petto, il respiro che si fa denso e le parole che mancano…come l’aria.
Parole che si fanno immagini, che sfidano quell’attesa già così insopportabile, che stringono il ventre in spasmi indecenti e perversi
E il treno corre, luoghi sconosciuti e che non ti interessa conoscere, minuti intervallati da chiamate improvvise, da altre parole che si fanno sempre più vive, vicine, che accrescono la tensione, e poi… il treno si ferma
Scendi
E quasi ti senti persa, sola, ti guardi attorno smarrita e un solo pensiero ti attraversa la mente
“che cazzo ci faccio qui, sono pazza, sono un’idiota”
le gambe quasi cedono e vorresti solo sederti li, sul cemento di quel marciapiede di stazione, e restar li…fino a domani, quando un altro treno partirà riportandoti a casa.
Ma ancora, quasi Lui sapesse, il cellulare suona, ti chiama;
ancora parole, quasi carezze ora e seguendole sali su quel taxi, attraversi la città, il taxista che ti osserva dallo specchietto “che cazzo ha da guardare sto stronzo”
Ancora voce nelle tue orecchie, quasi a scandire i secondi che passano, lenti o troppo veloci
“signorina va tutto bene? Mi sembra spaventata”
vaffanculo anche all’autista, si facesse i cazzi suoi, che gli frega di sapere come sto? Se e quanto mi fermo qui? perché ho scelto quell’Hotel?
Ancora parole, attraverso quel cellulare e …lo vedi
Mentre scendi dal taxi, le gambe malferme, il viso teso seguita dallo sguardo dell’autista, chissà che pensa, ma chi se ne frega, che si fotta, ora Lui è davanti a te, imbarazzo e tensione, che fai? Sorridi? Gli porgi la guancia per baciarlo? Butti li un “ciao” banale?
Nulla cazzo nulla, non riesci neppure a fare quello. Sai solo osservarlo mentre prende il tuo trolley e ti precede.
La gola secca, le mani sudate, Cristo stai comportandoti come una bambina demente; la porta di quell’ascensore che si chiude, Lui davanti a te, a fissarti in silenzio e mille pensieri ti bruciano dentro
Che hai fatto? Hai sbagliato qualcosa? Cosa? Non gli piaci? È deluso? Cazzo perché non parla, o almeno ti sfiora? Anche fosse per darti uno schiaffo e dirti vattene, ma almeno sapresti.
Il ticchettio dei vostri passi lungo quel corridoio pieno d’eco, una porta
Quanto l’hai sognato, atteso, desiderato
Quanta paura hai ora
Ma è paura diversa
Ora non è più “mi siedo qua fino a domani”, ora è timore di deluderlo, di non essere all’altezza.
E lo scrocchio di quella porta che si chiude alle spalle ti ferma il cuore
Non sai che fare
Perché non parla? Non ti guarda? Stronzo guardami, per favore guardami, parlami.
Lo vedi muoversi lento e sicuro, sfilare il cappotto
Sedersi comodo in poltrona e…
Finalmente i Suoi occhi su te, le Sue parole
“Togli il cappotto”
Un tuffo al cuore, quasi ti avesse detto “spogliati l’anima”
Lo sfili ti guardi attorno imbarazzata, lo posi su una sedia e subito ti riprende indicandoti l’armadio
Che cretina
Litighi con l’appendiabito, ti senti un’incapace, ridicola
Perché ma porca troia perché
E di nuovo davanti a Lui
Ora il Suo sguardo che scivola su te, lo senti
E senti il corpo reagire, il seno tendere quel maglioncino
Vorresti afferrarne l’orlo e abbassarlo sulle cosce imbarazzata al pensiero di come possono essere quei collant
Perché ora, forse solo ora che la tensione lascia spazio ad altro, realizzi che umori densi stanno impregnandolo e certo non sarà quel tessuto leggero a nasconderli.
Ed è li, davanti a te, il Suo viso a pochi centimetri dal tuo, il Suo respiro che si mescola al tuo
Odore di fumo, di profumo delicato, di pelle, vorresti abbracciarlo, scivolare ai Suoi piedi, sorridergli e dirgli grazie, anche solo per esser li, ma non puoi, il Suo sguardo ti blocca, come corde, più che catene
E le Sue mani
Dio quanto hai sognato le Sue mani, le senti sfiorare la pelle attraverso quel maglioncino, le senti impadronirsi del seno e il tuo gemito è già un donarsi
Lo senti premere il corpo contro il tuo ed è già come se ti scopasse
Mani, le Sue mani
Sul tuo viso ad accarezzarti, sulla tua gola a stringerla e lo fissi mentre ti ruba l’aria e già gli doni l’anima, sulle tue labbra a disegnarle, nella tua gola a possederla fino in fondo
Mani… che sollevano di scatto quel maglioncino
Che ti schiudono le cosce e avvolgono il tuo sesso,
che sentono quel tessuto fradicio, lo muovono, lo premono, lo spingono dentro te, e i tuoi gemiti ora sono interrotti da apnee profonde, da respiri mozzi
Voglia, voglia sfacciata che vuol esser vissuta, deve esser vissuta, con Lui
E le Sue mani, umide di te, afferrano il tuo viso e i Suoi occhi son fissi nei tuoi la Sua voce profonda sussurra “ora mi prenderò cura di te, sarai la mia puttana e la mia femmina”
E quelle parole da sole fanno pulsare il ventre, colare la figa e la tua voce ritrova finalmente parole sussurrando “Si Signore, Grazie”
Ma già si è allontanato da te
Di nuovo su quella poltrona ad osservarti, con sguardo severo ora come il tono della voce che ordina “mai scarpe davanti a me” e già le tue mani le sfilano e al Suo ordine il maglioncino scivola sulla pelle nuda, mostra il tuo corpo, offrendoglielo
In piedi, composta, le gambe appena divaricate, ancora coperte da quel nylon, le braccia dietro la schiena, in attesa….
Gli occhi non hanno pace, non sanno fermarsi, non sanno fissarlo. Chini lo sguardo, in attesa mentre i Suoi occhi ti accarezzano e di nuovo è davanti a te, ancora le Sue mani su te, non più mediate da stoffa, senti il loro calore, le loro carezze, la loro stretta; le senti scivolare dentro il collant e soffermarsi su quella strisciolina di peluria ben curata, come Lui vuole, le dita che giocano tra i peli, sfiorano, graffiano, toccano, vicine, molto vicine, ma non ti basta.
Spingi in avanti il ventre, Lo cerchi, ti offri,
spudorata puttana senza vergogna, schiudi le labbra implorando che ti tocchi, che ti masturbi, che ti fotta
E già sai che quelle richieste porteranno solo ad un no, ad altra attesa, ma non puoi farne a meno e, quando la Sua mano si allontana, non sai trattenere un “no” deluso, di cui subito ti penti.
La Sua stretta severa sui polsi piegandoli dietro la schiena
Schiacciandoti contro la parete
La Sua coscia tra le tue e in un perverso istinto inizi a spingere contro Lui a scopargli la gamba, come una cagna infoiata, respirando a bocca aperta quasi non sentendo neppure le Sue parole, parole che chiedono e pretendono risposte
“no? TU dici no piccola cagna? No perchè non vuoi che il mio tocco smetta? No perché vorresti che le mie dita ti prendessero? No perché vorresti sentire il mio cazzo fotterti? E TU dici no e non sai neppure trattenere la tua voglia accontentandoti di scoparti contro la mia gamba?”
e ad occhi chiusi, con il respiro denso e spezzato, la bocca spalancata riesci solo a sussurrare si, si, si
si cazzo si vorresti tutto questo, sentirti strapare quel collant fradicio, sentire dita frugarti, sentire il Suo cazzo in gola e poi nella figa… e non solo, si e non ti basta strusciarti contro la Sua gamba eppure non puoi fermarti
così sognavi d’essere, cagna e puttana…. Sua.
E la Sua stretta si fa più severa sui polsi
Poi tra i capelli, scostandosi da te, trascinandoti attraverso la stanza, verso quella poltrona, piegata sulle sue ginocchia
E la Sua mano abbassa di colpo quel collant sulle cosce, arrossisci pensando a ciò che i Suoi occhi vedono, macchie di voglia indecenti, il calore della Sua mano sulla pelle, si allontana e torna
Dura, cattiva, a segnare, il bruciore del colpo, il suono secco della mano sulla pelle, il segno rosso che sai sta disegnandosi e in un sussurro, quasi stupendoti la tua voce … “grazie Signore”!
E conti a voce bassa colpo dopo colpo, aspettando il successivo con timore e desiderio mentre indecente la voglia ti infradicia.
Colpo dopo colpo finchè le natiche bruciano
Colpo dopo colpo finchè ti fa rialzare sfilandoti i collant.
Colpo dopo colpo mostrandoteli indecenti di umori e premendoteli sul viso bagnandolo di te
La Sua saliva che si mescola a quegli umori, il trucco colato, dal piacere, dal dolore, e… uno specchio davanti a te… dove finalmente vedi la vera te stessa.
E un sorriso ti illumina il viso. Fiera

2 commenti:

  1. sembra ke tu mi abbia letto dentro, di un incontro che tanto aspetto e desidero... post stupendo, blog stupendo... complimenti!!
    J

    RispondiElimina