Ti rivedo dopo anni, la
ragazzina pestifera che si divertiva a fare da terzo incomodo quando io e tua
sorella maggiore… cercavamo un po’ di intimità; ti presentavi sfacciatamente e
provocatoriamente in abbigliamenti succinti quando passavo a prenderla,
in un gioco provocante...
Consci entrambi che
sarebbe rimasto un gioco.
Ti rivedo
inaspettatamente, quasi urtandoti sul marciapiede affollato; i lunghi capelli
biondi, scomposti nei mille riccioli che da sempre ti incorniciano il volto; il
viso pallido, la carnagione quasi diafana che è sempre stata una tua
caratteristica.
I tuoi occhi azzurri nei
miei, un lampo riconoscendomi, un sorriso, offuscato dopo un attimo da ciò che
della vita ti ha segnato.
Ti sorrido, avvicinandomi
ed abbracciandoti, un bar ci accoglie con la sua atmosfera chiassosa, lasciando
che i nostri discorsi scorrano su fiumi di parole di sconosciuti.
Poi un saluto e un
arrivederci che stranamente lascia in entrambi un senso di vuoto.
Giorni scorrono,
scolorando la tua immagine, pur rimanendo un piacevole sfondo nei miei
pensieri.
Fino... ad serata di
inizio settembre, pioggia battente, il lago scuro e nero, che mette tristezza e
paura a chi non lo conosce e non lo ama.
Una curva sulla strada
velata di pioggia e dietro la curva i fari illuminano... te, zuppa di pioggia
accanto all’auto improvvisamente ammutolita, lo sguardo furioso e smarrito nel
contempo, mandando accidenti al mondo intero.
Mi fermo dietro la tua
2Cv, scendo incurante della pioggia furiosa, mi riconosci con un sorriso, poche
parole e carichiamo sulla mia auto le provviste che hai appena acquistato.
Siedi accanto a me, i
capelli grondanti, gli abiti incollati al corpo, disegnandone sfacciatamente le
forme; senti il mio sguardo su te, mentre accendo l’auto, un improvviso rossore
sul viso quando vedi i miei occhi insistere sul tuo seno, appena velato dalla
camicetta fradicia.
Il seno piccolo, ben
formato, con capezzoli che svettano impunemente attraverso il tessuto.
Vorresti trovare una
battuta spiritosa, qualche parola per allentare la tensione, ma le parole non
si formano nella mente, assurdamente immagini ben diverse si affacciano alla
tua coscienza, immagini che aumentano il tuo imbarazzo, quasi io potessi
coglierle;
vorresti che parlassi, che
dicessi qualcosa, una cosa qualunque, purchè potesse cancellare quelle immagini
che sempre più si fanno definite, arrossando ancor più il tuo viso;
invece… solo il silenzio
accompagna il mio sguardo sempre più sfacciato.
Lo senti scivolare dal
seno, sulle gambe, sulle cosce lasciate parzialmente scoperte dalla gonna
bagnata, che, sedendoti, è risalita un poco;
le accavalli nervosamente,
subito accorgendoti in una vampata di rossore, che quel gesto, mostrandoti un
pò di più, può sembrare un invito spudorato;
cerchi i miei occhi,
mentre il respiro si fa corto, mentre ti odi sentendo i capezzoli tendersi
sempre più sotto il tessuto bagnato della camicetta, non puoi neppure mentire a
te stessa incolpando il freddo e l’umido della pioggia, sai, come io so, che
non è così.
Finalmente senti la mia
voce, parole banali che, in quel contesto ti fanno sorridere
“Miki, se devo
accompagnarti a casa credo sarebbe utile che mi dicessi dove abiti”.
Sorridi, grata a quel
suono che ti ruba ad emozioni inaspettate
Rispondi a voce bassa,
“credevo che lo sapessi, scusami, abito nella villetta che avevamo anni fa,
ricordi? Allora era la seconda casa di famiglia, la villetta al lago, ora…ci
vivo”.
Buffo tutto ciò, in fondo
vivi a pochi chilometri da me e…….
La strada lucida di
pioggia corre veloce,
un cancello,
frughi nella borsetta,
il telecomando,
apri, entriamo.
Ridendo lasciamo che la
pioggia continui ad inzupparci mentre portiamo in casa sacchetti colmi.
Quella casa che mi riporta
indietro di anni
Ma ora non c’è tua sorella
nella mia mente, non per lei sono li, ora quella casa è la tua e tu, davanti a
me, ridi, grondante di pioggia.
Scherziamo su questo, ma i
miei occhi non evitano di seguire le curve del tuo corpo modellate dagli abiti
fradici, non distolgo lo sguardo all’arrossarsi del tuo viso, non cerco di
evitarti l’imbarazzo per ciò che senti, e traspare, e... sai bene che non può
sfuggirmi.
Il mio sguardo si fa più
serio, mentre mi avvicino a te, mentre scosto dal tuo viso una ciocca bagnata,
rabbrividisci,
non è il freddo Michela,
le mie dita, sogni di
ragazzina invidiosa,
le mie dita, che hai mille
volte immaginato su te,
le mie dita che si
fondevano con le tue mentre, sola, accarezzavi il tuo corpo, lasciando che la
mia immagine colmasse la tua mente, dita che esploravano ed imparavano il tuo
corpo, dita che scoprivano ed imparavano come darti piacere.
Trattieni il respiro, ora
non sono immagini della tua mente, ora sono le mie dita che, non più per
allontanare ciocche ribelli, sfiorano il tuo viso, ne seguono il profilo,
scendono sul collo, mentre chini il capo, chiudi gli occhi, racchiudendo in te
queste sensazioni così a lungo sognate.
Si Michela, ora sono le
mie mani che conoscono la tua gola, sentendoti deglutire a vuoto sotto i miei
polpastrelli, le mie dita che, impudiche, scendono su quella camicetta zuppa,
ormai velo impalpabile tra me e la tua pelle, sfiorando il tuo seno,
stringendolo piano, disegnando le areole che traspaiono,
ignorando sfrontatamente i
capezzoli, turgidi come non mai, che urlano il loro richiamo.
Le mie dita Michela, che
tornano sul tuo viso, sulle tue labbra, sfiorate dal sospiro ansioso dei tuoi
gemiti trattenuti
Le mie dita Michela, che
dolcemente sollevano il tuo viso, non i tuoi occhi che ancora restano chiusi,
per... pudore? timori? Vergogna di mostrare ciò che provi?
Ma, nel buio dei tuoi
occhi chiusi, senti il mio volto avvicinarsi al tuo, le mie labbra vicine alle
tue, senza ancora sfiorarle, eppure le sai li, e… la tua bocca si schiude, il
tuo respiro si fa mio, il tuo sapore ed il mio si fondono in un lungo bacio, in
cui ti doni a me, lasci che la mia lingua frughi la tua bocca, quasi a frugarti
l’anima, stretta contro me.
Le mie mani Michela, che
scivolano sul tuo corpo, lenta sfinente carezza, le nostre gambe che si
intrecciano, il tuo ventre che preme contro la mia coscia, un lungo gemito, che
ora non trattieni più, rovesciando il capo.
Le mie mani Michela, che
scivolano sotto la tua gonna, accarezzando la pelle umida di pioggia, salendo
lentamente mentre i tuoi muscoli si contraggono, trovano le tue natiche,
coperte da un impalpabile perizoma, ci giocano, tirandolo, muovendolo su te,
facendo ondeggiare il tuo corpo per inseguirmi.
Le mie dita Michela, che
ora vorresti ti aprissero sfrontatamente le gambe, frugandoti indecentemente
per bagnarsi in te, di te. Socchiudi gli occhi, cerchi i miei, mi parli con il
tuo sguardo carico di desiderio, quasi implorando il piacere.
Le mie dita Michela, che
si allontanano da te; un passo indietro guardandoti, mentre mille dubbi ti
assalgono; vergogna ed imbarazzo per esserti offerta, timore di giudizi
impietosi.
Le mie dita Michela, che
lentamente slacciano la tua camicetta, la senti scivolare, umida, sulla pelle,
mostrandoti.
Le mie dita Michela, sulla
tua gonna, abbassandola, facendola cadere a terra portando con se timori e
paure, riaccendendo improvviso il desiderio.
Nuove emozioni nel
sentirti accarezzata dal mio sguardo, dal collo ai seni, ai capezzoli tesi e
turgidi, dai piedi, assurdamente ancora stretti nelle scarpe da ginnastica a
quel triangolino di stoffa rosa tra le tue gambe che sembra sussultare
inseguendo i tuoi pensieri impudicamente perversi.
Resti immobile davanti a
me, lasciandoti accarezzare dal mio sguardo, lentamente, sentendolo come
carezza sfrontata sulla pelle, tra le gambe, quasi aprirti, prenderti.
E lentamente mi avvicino a
te, stringendo la tua mano ti guido attraverso la stanza, accanto a quella
vetrata che affaccia sulla terrazza, sul lago, sempre più nero, accecato da
improvvisi lampi.
La tua schiena appoggiata
a quella vetrata Michela, il freddo del vetro sulla pelle, il calore delle mie
mani in contrasto violento, mentre ora, con decisione, accarezzo il tuo seno,
lo stringo, modulando i miei movimenti con l’accelerare del tuo respiro, lento
ora, a tratti più rapido, fermandosi in apnee improvvise, per riprendere più
veloce, mentre il tuo corpo sussulta, freme, mentre umido piacere e desiderio
scivola tra le tue cosce.
Un gesto deciso, ti volto
verso quella vetrata, il viso premuto contro i vetri, verso il nero del lago,
incurante che qualcuno ti veda, che scorga il tuo corpo nudo attraverso la
diafana parete resa appena opaca dal tuo respiro ansimante.
Le mie mani Michela, che
ora strappano con forza quel pezzetto di stoffa tra le tue gambe, ti frugano,
imparandoti, sentono il tuo sesso sussultare alle mie carezze, mentre protendi
il bacino verso me, cercandomi, implorandomi quasi con il corpo, il silenzio
rotto solo da gemiti e parole smozzicate, ormai lontani, noi, insieme, in un
mondo nostro.
Sudore che si mescola a
sudore, corpi nudi, vicini, stretti, ansimi sempre più rapidi, il tuo viso
sconvolto dal desiderio, gli occhi febbricitanti mentre volgi il capo verso me,
due brevi parole sfuggono dalle tue labbra, in un sussurro implorante ”….ti
prego…..”
Sollevo tra le braccia il
tuo corpo, ti stringi a me allacciandomi le gambe alla vita, stretti, insieme,
usciamo sulla terrazza, battuta dalla pioggia violenta, scossa da tuoni che
riecheggiano nelle nostre menti, illuminata dai bagliori di fulmini, sinistri
per alcuni, ma che nel nostro mondo sono estatici lampi che portano al piacere.
Scivoliamo a terra, sulle
piastrelle bagnate, allacciati e persi nella passione, i corpi si cercano, si
chiamano, urla nel vento disperse tra la pioggia.
Solo noi, nel nostro
mondo, non nudo pavimento freddo, non pioggia battente sui nostri corpi, ma
assenza di tutto eccetto noi.
Le mie dita frugano il tuo
sesso, si bagnano nel tuo desiderio, schiusa a me; il mio sesso ti sfiora,
leggero, accarezzando il clitoride, strappandoti sussultanti mugolii, scivola
sul tuo sesso e, lentamente entra in te.
Il tuo corpo si arcua,
spinge contro me, muta dichiarazione di desiderio troppo sognato, desiderato.
I nostri corpi trovano,
d’istinto, simbiosi nel muoversi rubandosi l’un l’altro il piacere, movimenti
lenti, prolungati, sfinenti, accelerazioni improvvise, pause…
Ed ancora cercandosi,
prendendosi, l’un l’altro, urlandoci sul viso il piacere.
Pioggia sui volti, sui
nostri corpi nudi, fusi in uno
Pioggia che lava il
sudore, ma accende ancor più il desiderio
Ansimi ora non più
soffocati, ma urlati in viso, gli occhi spalancati mostrando l’anima
E improvviso... l’orgasmo
urlato, squassante, che fa sussultare i corpi come marionette senza fili,
movimenti incontrollati, alla ricerca dell’ultima stilla di piacere, spremuta
dalla mente prima che dai corpi.
Per poi abbandonarsi alla
piccola morte, all’oblio che annebbia la mente, vuoti, persi, appagati.
Due corpi stretti sotto la
pioggia battente
Un sorriso lieve sul mio
volto, guardandoti
E piano scosto una ciocca
dalla tua fronte, accarezzandoti una guancia; pallida, diafana, ma che
risplende in quel giorno di temporale, illuminandoci.
Copyright marzo 2004
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