Con
occhi curiosi il bimbo guardava, seduto in un angolo dell'osteria
fumosa, quei volti rugosi ma illuminati da occhi vivi, quei movimenti
decisi della mano a giocare la propria carta, gettandola sul tavolo
di legno lucido dal tempo. Osservava, affascinato da quei gesti e
smorfie che solo loro comprendevano in una sorta di codice tramandato
da sempre. Un occhio strizzato, un colpetto a “bussare” sul piano
di legno, la mano che sale a sfregare il naso.
Poi
le voci salgon di tono all'improvviso, in una sorta di replay vocale
rivivono giocata dopo giocata, si scambiano accuse, immaginano
strategie diverse.
“Cùme
te fà a giugà el set? Pistola! tel sé che'l set bel l'è li o no?
Bamba”!
Ora
i pugni battuti non son più segnali al compagno di gioco ma cercan
di rafforzare la propria teoria mentre il più tranquillo dei quattro
lentamente conta i punti con un sorriso, “primiera sette bello e
tre scope”. Con una zampetta di coniglio cancella la lavagnetta
sbreccata e segna i punti facendo scricchiolare il gesso. Le voci
abbassano i toni, i bicchieri tornano a riempirsi e mentre le carte
girano ad iniziare una nuova mano tornano i sorrisi
“Teresa
un alter mez liter, cinq ghej de pu' ma rus”.
E,
in una sorta di copione ormai consueto pronta la battuta:
“Pan,
vin e gnòcca e se'el voeur fiòccàa ch'el fiòcca”
Seduto
in un angolo del Pub con quegli stessi occhi in un volto ormai adulto
ma con quel bimbo ancora dentro si guarda intorno, con un po di
malinconica nostalgia, triste al rumore delle slot machine che hanno
sostituito quelle voci urlate ma sempre amiche, quei pugni sul
tavolo, i sorrisi e le battute.
Ora
son solo suoni metallici, luci che lampeggiano, solitudine tra la
gente. Volti ipnotizzati davanti a macchine in cui si gettan soldi
sognando la fortuna.
Guarda
quell'uomo, quella donna, quel ragazzo che solo per un attimo
distoglie gli occhi dal monitor che sgrana simboli e numeri girandosi
verso il bar: “Jennifer una caipiroska” mentre infila altri 20
Euro nella fessura.
L'uomo
ingoia una lacrima, chiude quegli occhi da bimbo e vorrebbe tanto
picchiare un pugno sul tavolo di plastica lucida di un orrido verde e
urlare:
“Un
alter mez, cinq ghej de pu' ma rus”.
Ricordi di un tempo che forse non c'è più... Ma che hai saputo ricreare con tanta vividezza, che sembrava di essere lì, seduti a fianco del bambino, ad osservare la stessa scena. Pochi minuti di serenità. Grazie. Vm
RispondiEliminaGrazie, il tuo è un complimento che mi rende orgoglioso
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